Attorno al borgo antico di Atri, in provincia di Teramo, si ergono colline dall’aspetto straordinario, caratterizzate dalla presenza di profonde erosioni argillose, conosciute in tutta Italia con il nome di Calanchi di Atri.
Istituiti come Riserva Naturale Regionale, Sito d’interesse comunitario e Oasi del WWF, quest’area naturale presenta delle caratteristiche che la rendono unica nel panorama adriatico.
Questo perché, sebbene lungo il versante siano presenti svariate formazioni geologiche di questo tipo, quelle atriane mantengono il primato dell’estensione, unita a una spettacolarità senza eguali.
La riserva occupa un’area di circa 380 ettari ricca di vere e proprie sculture naturali, create grazie a una forma di erosione eolica dinamica, favorita nel tempo dal graduale disboscamento del territorio e dai costanti disseccamenti del terreno.
L’azione combinata di questi fattori influisce in modo particolare sulla composizione argillosa delle colline, aprendo dei veri e propri varchi verticali che nel tempo hanno restituito alla superficie numerosi fossili marini, testimonianza del passato preistorico della zona.
I calanchi si sviluppano a partire dai 106 metri d’altitudine del fondovalle del torrente della Piomba, per toccare i 468 metri in corrispondenza del Colle della Giustizia.
Nonostante l’aspetto esteriore arido e brullo, la valle dei calanchi di Atri può contare sulla presenza di una variegata vegetazione, alimentata da ruscelli e piccoli specchi d’acqua.
Il paesaggio si presenta notevolmente diversificato grazie alla presenza di rupi calanchive alternate ad aree di rimboschimento, campi coltivati e zone boschive.
La zona naturale protetta è priva di recinzioni, pertanto può essere visitata liberamente percorrendo i numerosi sentieri che l’attraversano.
I percorsi escursionistici hanno come punto di partenza il Colle della Giustizia, presso cui si trova anche un Centro Visite.
L’area dispone inoltre di una cicloippovia panoramica, percorribile sia a piedi che in mountai bike o ancora a cavallo.
Flora e fauna della riserva
Il netto contrasto tra queste formazioni rocciose chiamate anche “Bolge” (o nel dialetto locale “Scrimoni”) e la vasta biodiversità che le popolano, generano un impatto molto forte nel visitatore, che potrà godere della vista di queste vere e proprie opere d’arte della natura e nello stesso tempo osservare da vicino la rigogliosa flora e la particolare fauna locale.
Tra le specie vegetali spiccano il Carciofo selvatico, il Cappero, la Ginestra odorosa, il Biancospino, la Tamerice e infine la Liquirizia, prodotto di punta della produzione atriana sin dal 1811.
La fauna dei Calanchi può contare sulla presenza di numerosi rapaci notturni ma anche diurni, come l’Allocco, il Barbagianni, la Civetta, il Gufo, lo Sparviero, il Gheppio e la Poiana.
Tra i mammiferi invece spicca la presenza del Cinghiale, della Volpe, del Tasso, della Donnola, del Riccio, della Lepre e della Faina.
L’animale – simbolo della riserva naturale è però l’Istrice, la cui presenza è certa da circa 30 anni, nonostante le notevoli difficoltà di avvistamento dovute al carattere solitario e scostante dell’animale, che fa prevalentemente vita notturna.
La leggenda della pietra di San Paolo
Tra i calanchi si erge un particolare monolite di pietra bianca, che emerge dal terreno per circa un metro d’altezza, conosciuto con il nome di “monolite di San Paolo”.
La sua presenza così come la sua origine sono avvolte nel mistero: sin dal primo colpo d’occhio risalta l’evidente differenza del materiale del monolite rispetto alle altre rocce dell’area.
L’impressione che se ne ha a prima vista è di una colonna proveniente da un altro luogo, trasportata e impiantata nel terreno.
La leggenda narra che questa pietra è la stessa su cui, nel 67 d.C., San Paolo Apostolo fu martirizzato a Roma, ma una versione più verosimile la identifica come un reperto risalente a un altare precristiano, in cui i mercanti e i viandanti si recavano durante i loro spostamenti, per ringraziare gli dei e offrire loro sacrifici animali.
Questa tesi è avvalorata dalla presenza di giunture iugulatorie che anticamente venivano usate per il deflusso del sangue e del vino offerto alle divinità.
La nascita del Cristianesimo portò con sé un rimaneggiamento della leggenda, tanto che la pietra fu intitolata a San Paolo Tarso.
Nuovi racconti affermano che gli abitanti del luogo tentarono per tre volte di spostare il monolite altrove, ma questo tornò sempre misteriosamente al suo posto, tra i Calanchi di Atri.
Alla pietra furono attribuiti poteri miracolosi, legati in particolare alle malattie ossee dei bambini, che venivano portati qui in processione nella speranza di guarire.
Negli anni Settanta attorno al monolite è stata costruita una cappella.
Le case in terra cruda
L’argilla è sempre stata il materiale predominante del territorio, tanto che sin dall’antichità i contadini e gli abitanti del luogo cercarono di utilizzarlo in quanti più modi possibile, aguzzando l’ingegno per supplire alle scarsissime risorse.
Ancora oggi nei dintorni dei Calanchi di Atri si trovano numerosi resti di fornaci, usate per cuocere l’argilla e farne dei mattoni per costruire le case.
Chi non poteva acquistare i mattoni cotti escogitò un sistema per lavorare l’argilla a crudo, che consisteva nell’impastarla con piccoli sassi, paglia, frammenti di mattoni cotti e altro materiale di recupero.
Il composto finale veniva modellato in blocchi regolari, che venivano usati per costruire piccoli edifici a uno o due piani. Le travi portanti venivano ricavate dai tronchi dei boschi circostanti, mentre per la copertura venivano utilizzate tegole irregolari e molto economiche, i cosiddetti pinci o pingi, da cui prendono il nome queste abitazioni.
Ruderi di queste case antiche sono visibili ancora oggi all’interno della riserva di Atri.
I laghi d’argilla
L’apparente aridità della zona dipende dal fatto che l’argilla tende ad assorbire molta acqua. Per questo gli abitanti di Atri dovettero escogitare nei secoli degli stratagemmi per far si che l’acqua restasse in superficie.
Uno di questi prevede la costruzione di vere e proprie piscine d’argilla, realizzate chiudendo un calanco non molto grande a valle, favorendo poi la crescita all’esterno dello sbarramento di piante forti e fitte come la canna di Plinio.
Il passo successivo era ricoprire l’interno di questi laghi artificiali con l’argilla grigia pleistocenica, un materiale notoriamente impermeabile, lasciando infine un varco aperto per lo scarico delle acque.
Il pendio naturale del terreno consentiva infine di irrigare le coltivazioni “a caduta”, ossia senza la necessità di usare pompe idrauliche.
Questi prodotti dell’antico ingegno contadino sono sopravvissuti sino ai giorni nostri, nonostante i coltivatori moderni attualmente siano più propensi all’installazione di serbatoi artificiali per raccogliere l’acqua.
Come arrivare
La cittadina di Atri è ben collegata con gli autobus della rete di trasporti regionale. E’ raggiungibile anche in treno, prendendo come riferimento la stazione di Pineto-Atri che si trova a valle, nella località marittima.
Una volta giunti in stazione bisognerà prendere una delle navette che portano al paese.
In automobile il percorso è particolarmente comodo in quanto sarà sufficiente percorrere l’autostrada A 14 sino al casello di Pineto – Atri, e imboccare da lì la SP 28 verso Atri, seguendo infine le segnalazioni per la riserva.
L’ingresso del parco naturale è sito in via Colle della Giustizia (Atri).
Escursioni e prodotti tipici
Il WWF, che gestisce il parco attraverso una cooperativa, organizza durante tutta l’estate escursioni guidate passeggiate in nottura attraverso i Calanchi di Atri.
Per maggiori informazioni sulle varie attività della zona è possibile contattare l’ente gestore al numero di telefono 085/8780088 oppure inviando una mail all’indirizzo [email protected] .
La zona di Atri è considerata un vero e proprio must per quanto riguarda la buona cucina.
Tra i prodotti tipici spicca la pluricentenaria produzione di liquirizia, che può essere gustata in varie forme, ma anche quella di altri prodotti come il Pan Ducale, dolce tipico a base di cioccolata e frutta secca, e il Pecorino di Atri, da accompagnare a un buon vino locale.